Damien Hirst: Treasures from the Wreck of the Unbelievable

IL PROGETTO

La mostra “Treasures from the Wreck of the Unbelievable” è un viaggio indietro nel tempo, o più semplicemente nel tempo, alla scoperta di un tesoro e di colui che tra la metà del I e l’inizio del II secolo d.C. l’ha creato: Cif Amotan II, un liberto di Antiochia, l’antica Turchia. Deciso a fuggire insieme alla sua collezione Amotan salpa con l’Apistos, l’“Incredibile” vascello, verso l’Oriente più lontano per edificare un tempio dedicato al Sole. Per ragioni a noi sconosciute l’Apistos si inabissa per sempre nelle acque dell’Oceano Indiano che per duemila anni conserveranno i preziosi tesori contenuti nell’Incredibile.

Parliamo di una leggenda? Di un racconto? Di un “fake”? Le ipotesi possono essere più di una. Damien Hirst, l’artista inglese famoso per le sue opere di forte carattere provocatorio, non dà spiegazioni ma racconta la storia nella speranza che tutti credano o vogliano credere a questo magico racconto.

Anche in questo progetto, senz’altro qualcosa di nuovo e di diverso, forse addirittura inaspettato rispetto a quello a cui ci ha abituati, emerge tutta la sua singolarità dell’artista.

LA SEDE ESPOSITIVA E LE OPERE ESPOSTE

Non poteva che essere Venezia, città di mare per eccellenza, famosa per i suoi commerci tra Oriente e Occidente, il luogo giusto per ospitare la mostra dei tesori della famosa collezione. E la scelta non poteva ricadere che su Punta della Dogana e Palazzo Grassi, due location perfette per esporre queste preziose opere: la prima, situata sulla punta dell’isola di Dorsoduro, circondata dal mare quasi come fosse essa stessa una nave; il secondo in qualità di dimora di ricchi mercanti. Nulla è lasciato al caso.

Il “viaggio” potrebbe iniziare a Punta della Dogana dove è esposto il numero più consistente dei tesori che Amotan raccolse durante i suoi viaggi commerciali intrapresi in giro per il mondo. Ecco che, come prima opera, incontriamo una “Calendar Stone”, una pietra calendario che veniva utilizzata dagli antichi Aztechi e Maya per predire eventi catastrofici e che ci invita a viaggiare attraverso il  tempo. Il viaggio va dalla Mesoamerica alla civiltà greca e romana e a quella mesopotamica ed egizia, un excursus nell’antichità attraverso i suoi tesori per comprendere, forse, anche il nostro presente.

Ma è proprio questo il messaggio che Damien Hirst vuole veicolare attraverso questo progetto? Non è detto, o almeno non è l’unico messaggio che l’ex infant terrible degli Young British Artist vorrebbe comunicare. Anche se sappiamo che Hirst non crede ai messaggi.

Il percorso prosegue a Palazzo Grassi dove ci accoglie un allestimento più intimo, più raccolto, che ricorda quasi una Wunderkammern, la famosa stanza delle meraviglie, scrigno di tesori e di ogni oggetto dello scibile, che tanto incantava i principi e i signori durante il Rinascimento per soddisfare il loro sapere enciclopedico.

Un’opera di forte impatto emotivo per la sua bellezza è Reclining Woman, una donna scolpita nel marmo rosa, elegantemente distesa su un divano. Oltre alla sapienza creativa degli antichi greci essa ricorda le tombe etrusche che nella loro ricchezza artistica hanno preceduto l’arte greca e romana.

Si racconta che nel mondo greco-romano le statue femminili, intrise di realismo e pertanto vicine alla realtà, suscitassero nelle persone che le ammiravano amore e brama, sfumando la distinzione tra arte e vita reale. Un po’ come Policleto che per redigere il suo famoso “Canone” sulle proporzioni dell’anatomia umana teorizzò i temi della bellezza e dell’armonia misurando degli individui reali per la ricerca delle proporzioni.

Nell’atrio di Palazzo Grassi c’è una statua gigante a darci il benvenuto, Demon with a Bolwe, un demone  mesopotamico al tempo stesso benefico e malefico che abitava il regno intermedio tra l’uomo, l’animale e il divino. Un oggetto molto particolare è poi l’Hands in Prayer, la rappresentazione di due mani in segno di preghiera poste come ultimo tesoro esposto in mostra. Un’opera in malachite e agata bianca che sembra rappresentare un segno di congedo al visitatore, dopo l’intero  percorso esistenziale-allestitivo. Forse un augurio che si fa Hirst nei confronti dei suoi ospiti che possano credere in qualcosa, alla leggenda di Amotan, o nella vita e in se stessi.

Come giudicare questa mostra? La critica si è divisa come d’abitudine, tra chi non vi vede nulla di originale e chi invece trova nel racconto e nella realizzazione delle opere l’Arte che aiuta nella comprensione della vita e di noi stessi.

Vi invitiamo pertanto a visitarla insieme a Sorsi d’Arte per individuare le possibili chiavi di lettura!
Come sempre, ai visitatori l’ardua sentenza.

Info
9 aprile – 3 dicembre
Palazzo Grassi, Punta della Dogana, Venezia
Orario 10.00-19.00; chiuso martedì

 

 

 

Il Gioiello contemporaneo in una mostra dal sapore mediterraneo

A Padova il gioiello contemporaneo ha una lunga tradizione che mette la nostra città ai primi posti nell’ambito della ricerca e della valorizzazione di questa forma d’arte.
Note sono le personalità uscite dalla cosiddetta “scuola orafa padovana”, una vera e propria corrente stilistica così descritta da Giorgio Segato:

«Non una “scuola” nel senso strettamente accademico del termine, ma indubbiamente una “scuola” all’antica, cioè nel senso più esteso e comprensivo di un particolare ambiente in cui opera in modo esemplare un maestro che avvia altri maestri e crea articolazioni e diversificazioni che autonomamente arricchiscono e modulano le ricerche, trasmettendo agli allievi, che poi saranno a loro volta maestri e colleghi, un gusto, un metodo di approccio, una sensibilità per soluzioni chiare, geometriche ma aperte, calibrate da un’alta e raffinata misura interiore fatta di esperienza, calcolo, invenzione poetica, piena conoscenza delle magie delle materie e delle tecniche»[1]


Una città, la nostra, cha ha ospitato, grazie al lavoro dell’Assessorato alla cultura, numerose mostre ed esposizioni dedicate all’arte orafa e a questa scuola, e un pubblico, i padovani, sensibile al gioiello contemporaneo e alle sue seduzioni. È in questo contesto che l’oratorio di San Rocco, sede oramai deputata alle mostre di oreficeria, ospiterà dal 19 maggio una mostra tutta mediterranea, capace di evocare miti e favole passate: “Ithaca”.

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Corrado De Meo, Anello

Già allestita a Livorno e a Barcellona – dopo Padova approderà anche ad Atene –, l’esposizione è stata costruita attorno a un tema: la rievocazione di storia, cultura e memoria dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Gli artisti – tre catalani, due greci, due italiani – si confrontano mettendo in scena la propria personale visione artistica e concettuale, esplorando da differenti punti di vista il tema del viaggio, del tempo, del mito.

Stefano Rossi, spilla
Stefano Rossi, spilla

Grande protagonista è il mare, il Mare Nostrum, comune denominatore che bagna i paesi natali degli artisti, palcoscenico delle avventure di eroi classici, simbolo di migrazioni e scambi.
In primo piano anche la Natura: colori, forme, conformazioni delle coste del Peloponneso sono suggerite dai gioielli esposti, fatti di materiali preziosi e non preziosi, organici e inorganici, capaci di trasmettere la gestualità, il sentimento, la profonda riflessione di chi li ha plasmati.

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Akis Goumas, Spilla

 

È stata la poesia Itaca di Costantin Kavafis, che trae ispirazioni dai noti versi omerici, a offrire lo spunto per questa mostra, che vuole ricreare, attualizzandolo, il leggendario viaggio di Ulisse che simboleggia il principio, l’origine, la ragione e al tempo stesso la meta che ogni uomo compie lungo il percorso della vita.

E saranno proprio i versi della poesia di Kavafis a inaugurare la mostra: il 19 maggio alle ore 18.30 Silvia Rossini, accompagnata dalla chitarrista Ella Nagy, allieterà il pubblico con un reading di poesie.

 

Noi di Sorsi d’Arte ci saremo.
Non mancare!

 

La mostra è promossa e realizzata dal Comune di Padova – Settore Cultura, Turismo, Musei e Biblioteche e curata da Mirella Cisotto Nalon.

Artisti in mostra: Lluís Comín, Maria DiezMontserrat Lacomba, Akis GoumasDespina PantazopoulouCorrado De MeoStefano Rossi.
Per maggiori informazioni sugli artisti consultate questo link.

 

Info
20 maggio – 20 giugno
Oratorio di San Rocco, via Santa Lucia Padova
Orario 9.30 – 12.30, 15.30 – 19.00; chiuso: i lunedì non festivi.

 

 

 

[1] G. SEGATO, La misura seducente, in Mario Pinton. L’oreficeria, catalogo della mostra (Padova, Piano Nobile dello stabilimento Pedrocchi, 11 marzo – 30 aprile 1995) Padova, 1995.

 

Miniatura a Padova: “La Bellezza nei Libri” a San Rocco

La miniatura è protagonista della mostra “La Bellezza nei Libri. Cultura e devozione nei manoscritti miniati della Biblioteca Universitaria di Padova” (Oratorio di San Rocco, 8 aprile – 7 maggio 2017).
Una trentina di manoscritti realizzati tra XII e XVI secolo, scritti e miniati in Italia, sono esposti per la prima volta al pubblico.

Si tratta di opere confluite nelle raccolte della Biblioteca tra il 1836 e il 1841 a seguito delle soppressioni napoleoniche e in origine appartenenti al convento padovano degli Eremitani, alla libreria dei carmelitani calzati di Venezia, al monastero benedettino di Santa Giustina, al cenobio di San Giorgio Maggiore a Venezia, alla biblioteca di San Francesco Grande e a quella dei frati di San Giobbe a Venezia.
Alcuni facevano parte di importanti collezioni private, come quella di Lorenzo Antonio da Ponte, del frate Michelangelo Carmeli (1705-1766), del medico Giovanni Battista Morgagni (1682-1771).

Intreccio tra contenuto e contenitore: il segreto dell’arte miniata

Miniatura: La bellezza dei libriI codici esposti sono stati selezionati per le loro miniature, particolarmente interessanti da un punto di vista artistico e perfettamente armoniche con il resto della pagina. Sì perché è proprio il perfetto connubio e l’equilibrio tra illustrazione e testo a caratterizzare l’arte della miniatura.

La mostra permette così di esplorare il mondo dell’illustrazione miniata attraverso “tesori nascosti” che, documentando l’attività di miniatori e calligrafi, riconducono con grande immediatezza alla produzione artistica contemporanea, alla vita culturale e alle attività cittadine.

Miniature eleganti, finezza di grafie, intrecci geometrici ornano le pagine dei codici, raccontando il lavoro di amanuensi, decoratori e legatori.
Ma questi volumi ci parlano anche oltre le immagini: le segnature, le scritture, le note di possesso aprono alle vicende dell’origine, della provenienza, della funzione di questi codici.

Una mostra che va quindi osservata per ammirare la bellezza delle illustrazioni, ma anche “letta” e interpretata per comprendere e approfondire tutto quello che un codice ci racconta.

Per questo Sorsi d’Arte vi invita a visitarla sabato 7 maggio.
Vi aspettiamo alle ore 17.00!

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