Mirò a Padova, la metamorfosi della materia

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La materia, lo strumento mi impongono la tecnica, un mezzo per dar vita a una cosa.

Con queste parole Joan Mirò dichiara come la manipolazione dei materiali stia alla base dei processi creativi di un’arte anticonvenzionale, a tratti onirica e allucinatoria, in aperto contrasto con la pittura della sua epoca che andava «stuprata, uccisa e assassinata».

Dal 10 marzo al 22 luglio 2018 nella sede di Palazzo Zabarella a Padova, la mostra “Joan Mirò Materialità e Metamorfosi”, promossa dalla Fondazione Bano e da Fundação de Serralves – Museu de Arte Contemporânea di Porto, porta per la prima volta fuori dal Portogallo ottantacinque opere – tra quadri, disegni, sculture, collages e arazzi – che raccontano l’esplorazione della materialità da parte del celebre artista surrealista, sperimentatore di nuovi linguaggi della modernità.

Il percorso espositivo si snoda dal periodo parigino degli anni Venti passando attraverso gli anni del grande successo fino alla tarda maturità, documentando le metamorfosi artistiche di un pittore che nei suoi lavori coinvolge tutti i sensi, dalla vista al tatto, esprimendosi attraverso forme semplici, primitive, costruzioni che riempie con colori piatti, spesso primari, come il giallo, il nero, il rosso o il blu. In un processo di trasformazione morfologica Mirò conferisce agli oggetti lo status di segni visivi: le matasse di filo sostituiscono il colore, il fil di ferro finge una linea disegnata, la carta assume le peculiarità di una tela.

Padova miro

Negli spazi di Palazzo Zabarella le opere esposte evocano quell’esigenza di un vero contatto con il mezzo materico, sia nell’espressione pittorica sia scultorea, che si declina nell’utilizzo di qualsiasi tipo di materiale: tele, cartoni, masonite, pezzi di ferro che danno vita a collage, sculture, monumenti, litografie, scenografie e arazzi. Osservate da lontano queste opere regalano un’immagine nitida dove sono i colori a definire illusionisticamente le forme; viste da vicino rivelano strati di materia manipolati e fusi tra loro per restituire un’unica trama.

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E ancora, i pezzi presentati sono rappresentativi di quel rapporto tra pittura e poesia alla base del linguaggio lirico, simbolico e personale di Mirò, fatto di segni e immagini semplici, quasi elementari. Ne emerge, esaltata, la spiccata vena surrealista individuata da André Breton, fondatore del movimento, che lo ha definito il «il più surrealista di tutti noi».

La mostra, curata da Robert Lubar Messeri, non solo permette di entrare nell’affascinante mondo del maggiore artista catalano del Novecento, ma stimola una riflessione sull’importanza di una custodia attenta del patrimonio artistico. Le ottantacinque opere sono oggi di proprietà dello Stato portoghese che è riuscito a impedirne la vendita e la dispersione, preservando il lascito collezionistico di un appassionato estimatore giapponese dell’arte di Mirò.

Fondazione Bano inaugura una nuova stagione espositiva entrando nel pieno del Novecento con uno degli artisti che maggiormente ha infranto le regole per potersi spingersi fino alle fonti più pure dell’arte.

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Sorsi d’Arte non mancherà di accompagnarvi alla mostra domenica 5 aprile, prenotatevi! 
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Rivoluzione Galileo: il genio si “mostra” a Padova

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Una nuova mostra a Padova per raccontare il momento dell’invenzione della scienza moderna. Attraverso le vicende umane e professionali di Galileo Galilei (Pisa, 1564 – Arcetri, 1642) si evoca negli spazi del Monte di Pietà quel momento della storia in cui si sono gettati i fondamenti della modernità.

Una vera e propria “rivoluzione” che passa attraverso le scienze, le lettere e le arti.

Una storia da ricostruire con oggetti, libri, strumenti e opere d’arte per restituire tutte le sfaccettature della parabola galileiana.

Padova è principale teatro di questa rivoluzione, perché i “18 migliori anni” trascorsi in città (dal 1592 al 1610), grazie alla libertà dello Studio Patavino e alla tradizione scientifica, permettono a Galileo di gettare le basi per le future ricerche, dai moti lunari alla teorizzazione del cannocchiale, dagli studi sulle lune di Giove e le fasi di Venere alle macchie solari.

Il percorso di mostra si snoda tra un prima, fatto dalle fascinazioni mitologiche e astrologiche sull’universo, e un dopo, il cielo di Galileo, la scoperta della luna e del cielo stellato sopra di noi come inizio di una nuova era di osservazioni con fondamento scientifico.

Un passaggio epocale raccontato da un lato attraverso l’evoluzione della strumentazione scientifica esposta nelle sale – molta proveniente dal Museo di Storia della Fisica dell’Ateneo patavino –, dall’altro con il tramite della rappresentazione artistica. Si passa così dallo straordinario dipinto di Rubens (1635-1638, Museo del Prado) con una prosperosa figura femminile nell’atto di allattare a simboleggiare la nascita della via Lattea, alle due grandi tele di Guercino con Atlante che sostiene il globo celeste (1647, Firenze, Museo Mozzi Bardini) e l’Endimione addormentato (1647, Roma, Galleria Doria Pamphilji). Mentre Atlante è raffigurato secondo il mito che lo vede costretto da Zeus a sorreggere la volta celeste per l’eternità, Endimione mostra un dettaglio sorprendente: il cannocchiale di chiara fattura galileiana, a testimonianza che qualcosa è cambiato. Il giovane Endimione, innamorato della divinità lunare Selene, chiede ad Afrodite di poter cadere in un sonno perenne in modo da ricordare per sempre il bacio ricevuto, addormentato, dalla sua amata. Tradizionalmente Endimione è considerato il primo osservatore attento delle particolarità della luna, una figura che, simbolicamente, allude allo scienziato pisano: Galileo come moderno Endimione.

Ma ancora, la mostra permette di ripercorrere la vita di Galileo, dalla formazione medica alla passione per la musica e le arti. Nessuna qualità della sua multiforme personalità è tralasciata. Galileo è presentato come uomo di scienza, come musicista, letterato, imprenditore, amante dei vini e dei Colli Euganei, artista e critico d’arte. Non manca il racconto degli anni della disputa e della nascita del grande mito galileiano anche fuori dai confini italiani nel corso dell’Ottocento.

Calando il personaggio e le sue idee nello spirito dell’epoca in cui ha vissuto è possibile cogliere a pieno la portata delle sue idee che, con il tempo, hanno portato letteralmente l’uomo nello spazio. Ecco che allora dagli acquerelli lunari si salta alle suggestive immagini della NASA. A simboleggiare l’attualità della rivoluzione galileiana la mostra offre anche la personale interpretazione di artisti contemporanei, come Anish Kappor che, a inizio del percorso espositivo, cerca di intrappolare in un solido geometrico il vuoto.

Mostra a cura di Giovanni Carlo Federico Villa e Stefan Weppelmann.
Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio in collaborazione con l’Università di Padova.

Molti gli eventi collaterali e le conferenze che potete seguire qui: Rivoluzione Galileo.

Sorsi d’Arte vi porta in visita il 2 dicembre, non mancate! 😉
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“Artisti si nasce non si diventa”. Le Secessioni in mostra a Rovigo

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Ha inaugurato a Rovigo la mostra “Le Secessioni Europee. Monaco Vienna Praga Roma. L’onda della modernità”, allestita negli spazi di Palazzo Roverella. Siamo state a vederla in anteprima per voi!

Promossa dalla Fondazione Cariparo e curata da Francesco Parisi, l’esposizione accoglie il visitatore trasportandolo nel pieno dei movimenti secessionisti tra Otto e Novecento, dal primo scoppiato a Monaco, passando per la Vienna di Klimt, giungendo a Praga e infine a Roma.

Per la prima volta si punta il focus su tutte le grandi capitali che hanno vissuto lo spirito secessionista europeo.

Non solo gli ori e le seduzioni di Klimt o i nudi di Schiele sono portati all’attenzione, ma protagonista è quell’ondata di modernità che ha travolto gli artisti di Monaco, Praga e Roma, attratti dalle inquietudini del moderno e dal desiderio di rottura con il passato.

Fascinoso il panorama che si dispiega tra le sale di Palazzo Roverella in un allestimento che permette di entrare di volta in volta nella temperie culturale che caratterizza ognuna delle capitali, facendo emergere affinità e differenze.

Attraverserete dunque il decorativismo viennese, sarete travolti dal visionario espressionismo dei praghesi di “Sursum” – opere, tra l’altro, che meritano da sole la visita, data la poca frequentazione nelle esposizioni italiane – sarete tentati dalle incursioni nell’onirico e nell’inconscio, sedotti dalla femminilità in tutte le sue forme.

Tra le opere incontrerete l’inquietante Lucifero di Franz von Stuck dalla National Gallery of Art di Sofia, in posa meditabonda, ripiegato su se stesso nell’oscurità, lo sguardo fiammeggiante e terrifico, oppure La fortuna del caso di Josef Váchal da Praga, pervasa da quell’interesse per il trascendente, la divinazione e l’oscuro tipico dei praghesi, o ancora Il Mattino di Arturo Noci, fondatore della Secessione romana e tra gli artisti più seducenti.

Nella possibilità di confronto e dialogo tra artisti e opere, la mostra porta in luce, pur nel pluralismo degli stili, quella tensione costante verso il cambiamento in un interscambio artistico che fu davvero europeo e che caratterizzò il clima della Secessione, distinto dal motto «artisti si nasce non si diventa»!

Venite a visitare la mostra insieme a noi domenica 26 novembre 😉
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La stagione delle mostre!

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Con l’autunno e i primi freddi ritorna la stagione delle mostre, anche per Sorsi d’Arte! 😉
Quest’anno le proposte sono davvero numerose, ecco quelle che abbiamo intanto selezionato per voi per i prossimi mesi!
Quattro diverse città, quattro interessanti esposizioni, scopriamole!

Rovigo, a Palazzo Roverella, propone quest’anno una mostra dedicata alle Secessioni, “Le Secessioni Europee. Monaco Vienna Praga Roma. L’onda della modernità“, curata da Francesco Parisi e promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo in collaborazione con il Comune di Rovigo e l‘Accademia dei Concordi.

La nostra amata Padova ospiterà invece, presso il Palazzo del Monte di Pietà, una straordinaria mostra dedicata a Galileo Galilei, “Rivoluzione Galileo. L’arte incontra la scienza“, curata da Giovanni Carlo Federico Villa per Fondazione Cariparo.

A Palazzo dei Diamanti di Ferrara ci attende invece una mostra monografica, la prima a lui dedicata, sul ferrarese Carlo Bononi, uno dei grandi protagonisti della pittura del Seicento, il cui nome  è stato spesso accostato a quelli di Zurbarán o di Caravaggio. La mostra, dal titolo “Carlo Bononi. L’ultimo sognatore dell’Officina ferrarese”, è promossa dalla Fondazione  Ferrara Arte ed è curata da Giovanni Sassu e da Francesca Cappelletti.

Infine vi riproponiamo la visita all’ultima mostra di Damien Hirst a Venezia per chi ancora non l’avesse vista: “Treasures from the wreck of the unbelievable” a Punta della Dogana. La nostra Giulia Granzotto ci accompagnerà alla scoperta di questo ultimo particolare e curioso lavoro dell’artista preparandoci alla visita con una breve presentazione che si terrà nella sede della nostra Associazione alla Casa della Rampa.

Presto vi daremo tutti i dettagli sulle visite! Continuate a seguirci! 😉
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Bruno Munari Aria | Terra

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Una polarità. Da una parte l’aria, a evocare una leggerezza di tipo fisico e mentale sviluppata in una molteplicità di soluzioni: capolavori significativi dell’artista milanese accompagnati dai disegni progettuali che sono prova della poliedricità che caratterizza Bruno Munari (Milano, 1907-1998) pittore, scultore, designer, editore e molto altro. Dall’altra la terra: la leggerezza si tramuta in fare, in praticità e concretezza, ci si allontana dai limiti ristretti dell’arte fine a se stessa per far emergere il fine divulgativo dell’opera d’arte, tradotto visivamente in opere appartenenti al design al servizio della quotidianità, ma anche all’ambito della progettazione esperienziale che mira a stimolare il pieno sviluppo della creatività.

Un percorso davvero originale quello allestito a Palazzo Pretorio a Cittadella: quattro ambienti dove si alternano stanze “contemplative”, nelle quali è possibile indagare gli aspetti che maggiormente mettono in evidenza l’ecletticità dell’arte di Munari, a stanze “del fare”, dove il visitatore può mettersi alla prova, toccare con mano, imparare, scoprire, dare libero sfogo alla propria creatività. Ognuno di noi infatti, grande o piccolo, possiede una creatività che deve solamente essere sollecitata. Munari è infatti un convinto sostenitore di un’arte che deve interagire con il pubblico, creare relazioni, essere uno stimolo appunto al fare e al comprendere le regole e i procedimenti che conducono alla creazione delle opere. Per questo motivo le stanze del fare sono parte integrante dell’opera e progettate dall’artista stesso, e la mostra si pone come conferma del ruolo di Munari come apripista, da un punto di vista storico-critico, rispetto a una ridefinizione del concetto di arte come stimolo all’azione.
La mostra (9 aprile – 5 novembre), curata dal professor Guido Bartorelli, è promossa dalla Fondazione Palazzo Pretorio Onlus in collaborazione con il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova e l’Associazione Bruno Munari.

Sorsi d’Arte vi accompagna domenica 24 settembre a scoprire l’arte di Munari con una guida d’eccezione, il curatore Guido Bartorelli. Per conoscere i dettagli della visita rimandiamo al link.
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Damien Hirst: Treasures from the Wreck of the Unbelievable

IL PROGETTO

La mostra “Treasures from the Wreck of the Unbelievable” è un viaggio indietro nel tempo, o più semplicemente nel tempo, alla scoperta di un tesoro e di colui che tra la metà del I e l’inizio del II secolo d.C. l’ha creato: Cif Amotan II, un liberto di Antiochia, l’antica Turchia. Deciso a fuggire insieme alla sua collezione Amotan salpa con l’Apistos, l’“Incredibile” vascello, verso l’Oriente più lontano per edificare un tempio dedicato al Sole. Per ragioni a noi sconosciute l’Apistos si inabissa per sempre nelle acque dell’Oceano Indiano che per duemila anni conserveranno i preziosi tesori contenuti nell’Incredibile.

Parliamo di una leggenda? Di un racconto? Di un “fake”? Le ipotesi possono essere più di una. Damien Hirst, l’artista inglese famoso per le sue opere di forte carattere provocatorio, non dà spiegazioni ma racconta la storia nella speranza che tutti credano o vogliano credere a questo magico racconto.

Anche in questo progetto, senz’altro qualcosa di nuovo e di diverso, forse addirittura inaspettato rispetto a quello a cui ci ha abituati, emerge tutta la sua singolarità dell’artista.

LA SEDE ESPOSITIVA E LE OPERE ESPOSTE

Non poteva che essere Venezia, città di mare per eccellenza, famosa per i suoi commerci tra Oriente e Occidente, il luogo giusto per ospitare la mostra dei tesori della famosa collezione. E la scelta non poteva ricadere che su Punta della Dogana e Palazzo Grassi, due location perfette per esporre queste preziose opere: la prima, situata sulla punta dell’isola di Dorsoduro, circondata dal mare quasi come fosse essa stessa una nave; il secondo in qualità di dimora di ricchi mercanti. Nulla è lasciato al caso.

Il “viaggio” potrebbe iniziare a Punta della Dogana dove è esposto il numero più consistente dei tesori che Amotan raccolse durante i suoi viaggi commerciali intrapresi in giro per il mondo. Ecco che, come prima opera, incontriamo una “Calendar Stone”, una pietra calendario che veniva utilizzata dagli antichi Aztechi e Maya per predire eventi catastrofici e che ci invita a viaggiare attraverso il  tempo. Il viaggio va dalla Mesoamerica alla civiltà greca e romana e a quella mesopotamica ed egizia, un excursus nell’antichità attraverso i suoi tesori per comprendere, forse, anche il nostro presente.

Ma è proprio questo il messaggio che Damien Hirst vuole veicolare attraverso questo progetto? Non è detto, o almeno non è l’unico messaggio che l’ex infant terrible degli Young British Artist vorrebbe comunicare. Anche se sappiamo che Hirst non crede ai messaggi.

Il percorso prosegue a Palazzo Grassi dove ci accoglie un allestimento più intimo, più raccolto, che ricorda quasi una Wunderkammern, la famosa stanza delle meraviglie, scrigno di tesori e di ogni oggetto dello scibile, che tanto incantava i principi e i signori durante il Rinascimento per soddisfare il loro sapere enciclopedico.

Un’opera di forte impatto emotivo per la sua bellezza è Reclining Woman, una donna scolpita nel marmo rosa, elegantemente distesa su un divano. Oltre alla sapienza creativa degli antichi greci essa ricorda le tombe etrusche che nella loro ricchezza artistica hanno preceduto l’arte greca e romana.

Si racconta che nel mondo greco-romano le statue femminili, intrise di realismo e pertanto vicine alla realtà, suscitassero nelle persone che le ammiravano amore e brama, sfumando la distinzione tra arte e vita reale. Un po’ come Policleto che per redigere il suo famoso “Canone” sulle proporzioni dell’anatomia umana teorizzò i temi della bellezza e dell’armonia misurando degli individui reali per la ricerca delle proporzioni.

Nell’atrio di Palazzo Grassi c’è una statua gigante a darci il benvenuto, Demon with a Bolwe, un demone  mesopotamico al tempo stesso benefico e malefico che abitava il regno intermedio tra l’uomo, l’animale e il divino. Un oggetto molto particolare è poi l’Hands in Prayer, la rappresentazione di due mani in segno di preghiera poste come ultimo tesoro esposto in mostra. Un’opera in malachite e agata bianca che sembra rappresentare un segno di congedo al visitatore, dopo l’intero  percorso esistenziale-allestitivo. Forse un augurio che si fa Hirst nei confronti dei suoi ospiti che possano credere in qualcosa, alla leggenda di Amotan, o nella vita e in se stessi.

Come giudicare questa mostra? La critica si è divisa come d’abitudine, tra chi non vi vede nulla di originale e chi invece trova nel racconto e nella realizzazione delle opere l’Arte che aiuta nella comprensione della vita e di noi stessi.

Vi invitiamo pertanto a visitarla insieme a Sorsi d’Arte per individuare le possibili chiavi di lettura!
Come sempre, ai visitatori l’ardua sentenza.

Info
9 aprile – 3 dicembre
Palazzo Grassi, Punta della Dogana, Venezia
Orario 10.00-19.00; chiuso martedì

 

 

 

Il Gioiello contemporaneo in una mostra dal sapore mediterraneo

A Padova il gioiello contemporaneo ha una lunga tradizione che mette la nostra città ai primi posti nell’ambito della ricerca e della valorizzazione di questa forma d’arte.
Note sono le personalità uscite dalla cosiddetta “scuola orafa padovana”, una vera e propria corrente stilistica così descritta da Giorgio Segato:

«Non una “scuola” nel senso strettamente accademico del termine, ma indubbiamente una “scuola” all’antica, cioè nel senso più esteso e comprensivo di un particolare ambiente in cui opera in modo esemplare un maestro che avvia altri maestri e crea articolazioni e diversificazioni che autonomamente arricchiscono e modulano le ricerche, trasmettendo agli allievi, che poi saranno a loro volta maestri e colleghi, un gusto, un metodo di approccio, una sensibilità per soluzioni chiare, geometriche ma aperte, calibrate da un’alta e raffinata misura interiore fatta di esperienza, calcolo, invenzione poetica, piena conoscenza delle magie delle materie e delle tecniche»[1]


Una città, la nostra, cha ha ospitato, grazie al lavoro dell’Assessorato alla cultura, numerose mostre ed esposizioni dedicate all’arte orafa e a questa scuola, e un pubblico, i padovani, sensibile al gioiello contemporaneo e alle sue seduzioni. È in questo contesto che l’oratorio di San Rocco, sede oramai deputata alle mostre di oreficeria, ospiterà dal 19 maggio una mostra tutta mediterranea, capace di evocare miti e favole passate: “Ithaca”.

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Corrado De Meo, Anello

Già allestita a Livorno e a Barcellona – dopo Padova approderà anche ad Atene –, l’esposizione è stata costruita attorno a un tema: la rievocazione di storia, cultura e memoria dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Gli artisti – tre catalani, due greci, due italiani – si confrontano mettendo in scena la propria personale visione artistica e concettuale, esplorando da differenti punti di vista il tema del viaggio, del tempo, del mito.

Stefano Rossi, spilla
Stefano Rossi, spilla

Grande protagonista è il mare, il Mare Nostrum, comune denominatore che bagna i paesi natali degli artisti, palcoscenico delle avventure di eroi classici, simbolo di migrazioni e scambi.
In primo piano anche la Natura: colori, forme, conformazioni delle coste del Peloponneso sono suggerite dai gioielli esposti, fatti di materiali preziosi e non preziosi, organici e inorganici, capaci di trasmettere la gestualità, il sentimento, la profonda riflessione di chi li ha plasmati.

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Akis Goumas, Spilla

 

È stata la poesia Itaca di Costantin Kavafis, che trae ispirazioni dai noti versi omerici, a offrire lo spunto per questa mostra, che vuole ricreare, attualizzandolo, il leggendario viaggio di Ulisse che simboleggia il principio, l’origine, la ragione e al tempo stesso la meta che ogni uomo compie lungo il percorso della vita.

E saranno proprio i versi della poesia di Kavafis a inaugurare la mostra: il 19 maggio alle ore 18.30 Silvia Rossini, accompagnata dalla chitarrista Ella Nagy, allieterà il pubblico con un reading di poesie.

 

Noi di Sorsi d’Arte ci saremo.
Non mancare!

 

La mostra è promossa e realizzata dal Comune di Padova – Settore Cultura, Turismo, Musei e Biblioteche e curata da Mirella Cisotto Nalon.

Artisti in mostra: Lluís Comín, Maria DiezMontserrat Lacomba, Akis GoumasDespina PantazopoulouCorrado De MeoStefano Rossi.
Per maggiori informazioni sugli artisti consultate questo link.

 

Info
20 maggio – 20 giugno
Oratorio di San Rocco, via Santa Lucia Padova
Orario 9.30 – 12.30, 15.30 – 19.00; chiuso: i lunedì non festivi.

 

 

 

[1] G. SEGATO, La misura seducente, in Mario Pinton. L’oreficeria, catalogo della mostra (Padova, Piano Nobile dello stabilimento Pedrocchi, 11 marzo – 30 aprile 1995) Padova, 1995.

 

Miniatura a Padova: “La Bellezza nei Libri” a San Rocco

La miniatura è protagonista della mostra “La Bellezza nei Libri. Cultura e devozione nei manoscritti miniati della Biblioteca Universitaria di Padova” (Oratorio di San Rocco, 8 aprile – 7 maggio 2017).
Una trentina di manoscritti realizzati tra XII e XVI secolo, scritti e miniati in Italia, sono esposti per la prima volta al pubblico.

Si tratta di opere confluite nelle raccolte della Biblioteca tra il 1836 e il 1841 a seguito delle soppressioni napoleoniche e in origine appartenenti al convento padovano degli Eremitani, alla libreria dei carmelitani calzati di Venezia, al monastero benedettino di Santa Giustina, al cenobio di San Giorgio Maggiore a Venezia, alla biblioteca di San Francesco Grande e a quella dei frati di San Giobbe a Venezia.
Alcuni facevano parte di importanti collezioni private, come quella di Lorenzo Antonio da Ponte, del frate Michelangelo Carmeli (1705-1766), del medico Giovanni Battista Morgagni (1682-1771).

Intreccio tra contenuto e contenitore: il segreto dell’arte miniata

Miniatura: La bellezza dei libriI codici esposti sono stati selezionati per le loro miniature, particolarmente interessanti da un punto di vista artistico e perfettamente armoniche con il resto della pagina. Sì perché è proprio il perfetto connubio e l’equilibrio tra illustrazione e testo a caratterizzare l’arte della miniatura.

La mostra permette così di esplorare il mondo dell’illustrazione miniata attraverso “tesori nascosti” che, documentando l’attività di miniatori e calligrafi, riconducono con grande immediatezza alla produzione artistica contemporanea, alla vita culturale e alle attività cittadine.

Miniature eleganti, finezza di grafie, intrecci geometrici ornano le pagine dei codici, raccontando il lavoro di amanuensi, decoratori e legatori.
Ma questi volumi ci parlano anche oltre le immagini: le segnature, le scritture, le note di possesso aprono alle vicende dell’origine, della provenienza, della funzione di questi codici.

Una mostra che va quindi osservata per ammirare la bellezza delle illustrazioni, ma anche “letta” e interpretata per comprendere e approfondire tutto quello che un codice ci racconta.

Per questo Sorsi d’Arte vi invita a visitarla sabato 7 maggio.
Vi aspettiamo alle ore 17.00!

Prenotatevi!