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Barbara Ceccato – Sorsi d'Arte

Mirò a Padova, la metamorfosi della materia

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La materia, lo strumento mi impongono la tecnica, un mezzo per dar vita a una cosa.

Con queste parole Joan Mirò dichiara come la manipolazione dei materiali stia alla base dei processi creativi di un’arte anticonvenzionale, a tratti onirica e allucinatoria, in aperto contrasto con la pittura della sua epoca che andava «stuprata, uccisa e assassinata».

Dal 10 marzo al 22 luglio 2018 nella sede di Palazzo Zabarella a Padova, la mostra “Joan Mirò Materialità e Metamorfosi”, promossa dalla Fondazione Bano e da Fundação de Serralves – Museu de Arte Contemporânea di Porto, porta per la prima volta fuori dal Portogallo ottantacinque opere – tra quadri, disegni, sculture, collages e arazzi – che raccontano l’esplorazione della materialità da parte del celebre artista surrealista, sperimentatore di nuovi linguaggi della modernità.

Il percorso espositivo si snoda dal periodo parigino degli anni Venti passando attraverso gli anni del grande successo fino alla tarda maturità, documentando le metamorfosi artistiche di un pittore che nei suoi lavori coinvolge tutti i sensi, dalla vista al tatto, esprimendosi attraverso forme semplici, primitive, costruzioni che riempie con colori piatti, spesso primari, come il giallo, il nero, il rosso o il blu. In un processo di trasformazione morfologica Mirò conferisce agli oggetti lo status di segni visivi: le matasse di filo sostituiscono il colore, il fil di ferro finge una linea disegnata, la carta assume le peculiarità di una tela.

Padova miro

Negli spazi di Palazzo Zabarella le opere esposte evocano quell’esigenza di un vero contatto con il mezzo materico, sia nell’espressione pittorica sia scultorea, che si declina nell’utilizzo di qualsiasi tipo di materiale: tele, cartoni, masonite, pezzi di ferro che danno vita a collage, sculture, monumenti, litografie, scenografie e arazzi. Osservate da lontano queste opere regalano un’immagine nitida dove sono i colori a definire illusionisticamente le forme; viste da vicino rivelano strati di materia manipolati e fusi tra loro per restituire un’unica trama.

Padova Miro

E ancora, i pezzi presentati sono rappresentativi di quel rapporto tra pittura e poesia alla base del linguaggio lirico, simbolico e personale di Mirò, fatto di segni e immagini semplici, quasi elementari. Ne emerge, esaltata, la spiccata vena surrealista individuata da André Breton, fondatore del movimento, che lo ha definito il «il più surrealista di tutti noi».

La mostra, curata da Robert Lubar Messeri, non solo permette di entrare nell’affascinante mondo del maggiore artista catalano del Novecento, ma stimola una riflessione sull’importanza di una custodia attenta del patrimonio artistico. Le ottantacinque opere sono oggi di proprietà dello Stato portoghese che è riuscito a impedirne la vendita e la dispersione, preservando il lascito collezionistico di un appassionato estimatore giapponese dell’arte di Mirò.

Fondazione Bano inaugura una nuova stagione espositiva entrando nel pieno del Novecento con uno degli artisti che maggiormente ha infranto le regole per potersi spingersi fino alle fonti più pure dell’arte.

Padova miro

Sorsi d’Arte non mancherà di accompagnarvi alla mostra domenica 5 aprile, prenotatevi! 
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Rivoluzione Galileo: il genio si “mostra” a Padova

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Una nuova mostra a Padova per raccontare il momento dell’invenzione della scienza moderna. Attraverso le vicende umane e professionali di Galileo Galilei (Pisa, 1564 – Arcetri, 1642) si evoca negli spazi del Monte di Pietà quel momento della storia in cui si sono gettati i fondamenti della modernità.

Una vera e propria “rivoluzione” che passa attraverso le scienze, le lettere e le arti.

Una storia da ricostruire con oggetti, libri, strumenti e opere d’arte per restituire tutte le sfaccettature della parabola galileiana.

Padova è principale teatro di questa rivoluzione, perché i “18 migliori anni” trascorsi in città (dal 1592 al 1610), grazie alla libertà dello Studio Patavino e alla tradizione scientifica, permettono a Galileo di gettare le basi per le future ricerche, dai moti lunari alla teorizzazione del cannocchiale, dagli studi sulle lune di Giove e le fasi di Venere alle macchie solari.

Il percorso di mostra si snoda tra un prima, fatto dalle fascinazioni mitologiche e astrologiche sull’universo, e un dopo, il cielo di Galileo, la scoperta della luna e del cielo stellato sopra di noi come inizio di una nuova era di osservazioni con fondamento scientifico.

Un passaggio epocale raccontato da un lato attraverso l’evoluzione della strumentazione scientifica esposta nelle sale – molta proveniente dal Museo di Storia della Fisica dell’Ateneo patavino –, dall’altro con il tramite della rappresentazione artistica. Si passa così dallo straordinario dipinto di Rubens (1635-1638, Museo del Prado) con una prosperosa figura femminile nell’atto di allattare a simboleggiare la nascita della via Lattea, alle due grandi tele di Guercino con Atlante che sostiene il globo celeste (1647, Firenze, Museo Mozzi Bardini) e l’Endimione addormentato (1647, Roma, Galleria Doria Pamphilji). Mentre Atlante è raffigurato secondo il mito che lo vede costretto da Zeus a sorreggere la volta celeste per l’eternità, Endimione mostra un dettaglio sorprendente: il cannocchiale di chiara fattura galileiana, a testimonianza che qualcosa è cambiato. Il giovane Endimione, innamorato della divinità lunare Selene, chiede ad Afrodite di poter cadere in un sonno perenne in modo da ricordare per sempre il bacio ricevuto, addormentato, dalla sua amata. Tradizionalmente Endimione è considerato il primo osservatore attento delle particolarità della luna, una figura che, simbolicamente, allude allo scienziato pisano: Galileo come moderno Endimione.

Ma ancora, la mostra permette di ripercorrere la vita di Galileo, dalla formazione medica alla passione per la musica e le arti. Nessuna qualità della sua multiforme personalità è tralasciata. Galileo è presentato come uomo di scienza, come musicista, letterato, imprenditore, amante dei vini e dei Colli Euganei, artista e critico d’arte. Non manca il racconto degli anni della disputa e della nascita del grande mito galileiano anche fuori dai confini italiani nel corso dell’Ottocento.

Calando il personaggio e le sue idee nello spirito dell’epoca in cui ha vissuto è possibile cogliere a pieno la portata delle sue idee che, con il tempo, hanno portato letteralmente l’uomo nello spazio. Ecco che allora dagli acquerelli lunari si salta alle suggestive immagini della NASA. A simboleggiare l’attualità della rivoluzione galileiana la mostra offre anche la personale interpretazione di artisti contemporanei, come Anish Kappor che, a inizio del percorso espositivo, cerca di intrappolare in un solido geometrico il vuoto.

Mostra a cura di Giovanni Carlo Federico Villa e Stefan Weppelmann.
Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio in collaborazione con l’Università di Padova.

Molti gli eventi collaterali e le conferenze che potete seguire qui: Rivoluzione Galileo.

Sorsi d’Arte vi porta in visita il 2 dicembre, non mancate! 😉
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“Artisti si nasce non si diventa”. Le Secessioni in mostra a Rovigo

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Ha inaugurato a Rovigo la mostra “Le Secessioni Europee. Monaco Vienna Praga Roma. L’onda della modernità”, allestita negli spazi di Palazzo Roverella. Siamo state a vederla in anteprima per voi!

Promossa dalla Fondazione Cariparo e curata da Francesco Parisi, l’esposizione accoglie il visitatore trasportandolo nel pieno dei movimenti secessionisti tra Otto e Novecento, dal primo scoppiato a Monaco, passando per la Vienna di Klimt, giungendo a Praga e infine a Roma.

Per la prima volta si punta il focus su tutte le grandi capitali che hanno vissuto lo spirito secessionista europeo.

Non solo gli ori e le seduzioni di Klimt o i nudi di Schiele sono portati all’attenzione, ma protagonista è quell’ondata di modernità che ha travolto gli artisti di Monaco, Praga e Roma, attratti dalle inquietudini del moderno e dal desiderio di rottura con il passato.

Fascinoso il panorama che si dispiega tra le sale di Palazzo Roverella in un allestimento che permette di entrare di volta in volta nella temperie culturale che caratterizza ognuna delle capitali, facendo emergere affinità e differenze.

Attraverserete dunque il decorativismo viennese, sarete travolti dal visionario espressionismo dei praghesi di “Sursum” – opere, tra l’altro, che meritano da sole la visita, data la poca frequentazione nelle esposizioni italiane – sarete tentati dalle incursioni nell’onirico e nell’inconscio, sedotti dalla femminilità in tutte le sue forme.

Tra le opere incontrerete l’inquietante Lucifero di Franz von Stuck dalla National Gallery of Art di Sofia, in posa meditabonda, ripiegato su se stesso nell’oscurità, lo sguardo fiammeggiante e terrifico, oppure La fortuna del caso di Josef Váchal da Praga, pervasa da quell’interesse per il trascendente, la divinazione e l’oscuro tipico dei praghesi, o ancora Il Mattino di Arturo Noci, fondatore della Secessione romana e tra gli artisti più seducenti.

Nella possibilità di confronto e dialogo tra artisti e opere, la mostra porta in luce, pur nel pluralismo degli stili, quella tensione costante verso il cambiamento in un interscambio artistico che fu davvero europeo e che caratterizzò il clima della Secessione, distinto dal motto «artisti si nasce non si diventa»!

Venite a visitare la mostra insieme a noi domenica 26 novembre 😉
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Il Gioiello contemporaneo in una mostra dal sapore mediterraneo

A Padova il gioiello contemporaneo ha una lunga tradizione che mette la nostra città ai primi posti nell’ambito della ricerca e della valorizzazione di questa forma d’arte.
Note sono le personalità uscite dalla cosiddetta “scuola orafa padovana”, una vera e propria corrente stilistica così descritta da Giorgio Segato:

«Non una “scuola” nel senso strettamente accademico del termine, ma indubbiamente una “scuola” all’antica, cioè nel senso più esteso e comprensivo di un particolare ambiente in cui opera in modo esemplare un maestro che avvia altri maestri e crea articolazioni e diversificazioni che autonomamente arricchiscono e modulano le ricerche, trasmettendo agli allievi, che poi saranno a loro volta maestri e colleghi, un gusto, un metodo di approccio, una sensibilità per soluzioni chiare, geometriche ma aperte, calibrate da un’alta e raffinata misura interiore fatta di esperienza, calcolo, invenzione poetica, piena conoscenza delle magie delle materie e delle tecniche»[1]


Una città, la nostra, cha ha ospitato, grazie al lavoro dell’Assessorato alla cultura, numerose mostre ed esposizioni dedicate all’arte orafa e a questa scuola, e un pubblico, i padovani, sensibile al gioiello contemporaneo e alle sue seduzioni. È in questo contesto che l’oratorio di San Rocco, sede oramai deputata alle mostre di oreficeria, ospiterà dal 19 maggio una mostra tutta mediterranea, capace di evocare miti e favole passate: “Ithaca”.

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Corrado De Meo, Anello

Già allestita a Livorno e a Barcellona – dopo Padova approderà anche ad Atene –, l’esposizione è stata costruita attorno a un tema: la rievocazione di storia, cultura e memoria dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Gli artisti – tre catalani, due greci, due italiani – si confrontano mettendo in scena la propria personale visione artistica e concettuale, esplorando da differenti punti di vista il tema del viaggio, del tempo, del mito.

Stefano Rossi, spilla
Stefano Rossi, spilla

Grande protagonista è il mare, il Mare Nostrum, comune denominatore che bagna i paesi natali degli artisti, palcoscenico delle avventure di eroi classici, simbolo di migrazioni e scambi.
In primo piano anche la Natura: colori, forme, conformazioni delle coste del Peloponneso sono suggerite dai gioielli esposti, fatti di materiali preziosi e non preziosi, organici e inorganici, capaci di trasmettere la gestualità, il sentimento, la profonda riflessione di chi li ha plasmati.

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Akis Goumas, Spilla

 

È stata la poesia Itaca di Costantin Kavafis, che trae ispirazioni dai noti versi omerici, a offrire lo spunto per questa mostra, che vuole ricreare, attualizzandolo, il leggendario viaggio di Ulisse che simboleggia il principio, l’origine, la ragione e al tempo stesso la meta che ogni uomo compie lungo il percorso della vita.

E saranno proprio i versi della poesia di Kavafis a inaugurare la mostra: il 19 maggio alle ore 18.30 Silvia Rossini, accompagnata dalla chitarrista Ella Nagy, allieterà il pubblico con un reading di poesie.

 

Noi di Sorsi d’Arte ci saremo.
Non mancare!

 

La mostra è promossa e realizzata dal Comune di Padova – Settore Cultura, Turismo, Musei e Biblioteche e curata da Mirella Cisotto Nalon.

Artisti in mostra: Lluís Comín, Maria DiezMontserrat Lacomba, Akis GoumasDespina PantazopoulouCorrado De MeoStefano Rossi.
Per maggiori informazioni sugli artisti consultate questo link.

 

Info
20 maggio – 20 giugno
Oratorio di San Rocco, via Santa Lucia Padova
Orario 9.30 – 12.30, 15.30 – 19.00; chiuso: i lunedì non festivi.

 

 

 

[1] G. SEGATO, La misura seducente, in Mario Pinton. L’oreficeria, catalogo della mostra (Padova, Piano Nobile dello stabilimento Pedrocchi, 11 marzo – 30 aprile 1995) Padova, 1995.